Pasta di Gragnano: una tradizione tutta da gustare

Raccolta tra una serie di alture ai piedi dei Monti Lattari, Gragnano è nota in Italia (e non solo) per essere la “Città della Pasta”, per via di una secolare tradizione legata alla produzione di pasta secca di eccelsa qualità, che può fregiarsi dell’Indicazione Geografica Protetta (IGP) dal 2013. La “Pasta di Gragnano”, celebrata ogni anno da una festa che si svolge ad inizio settembre, è uno dei prodotti d’eccellenza del panorama gastronomico campano, le cui origini risalgono all’epoca romana ed alla lavorazione del frumento lungo quella che oggi è nota come la “Valle dei Mulini”.

 

La ‘Granianum’ romana

Come accennato, la tradizione molitoria gragnanese si può far risalire all’epoca romana: nell’89 a.C., infatti, gli stabiesi in fuga da Silla ripararono sulle alture limitrofe l’antica Stabia e fondarono un insediamento chiamato Granianum. Gli esuli si dedicarono principalmente all’agricoltura coltivando, tra gli altri, il frumento che veniva poi macinato nei frantoi alimentati dalle acque del Vernotico. Le farine macinate a Granianum venivano poi inviate alle vicine Pompei, Stabia ed Ercolano, dove erano utilizzate per fare il pane.

 

La pasta di Gragnano e i “vermicellari”

Dopo la caduta dell’impero Romano, Gragnano attraversò un periodo lungo e travagliato fatto di battaglie e saccheggi, che si interruppe solo nel 12° secolo. Una volta inglobata nel neonato Regno di Napoli, la cittadina entrò in una fase di pace e prosperità economica, che vide la nascita dei primi pastifici.

Nei secoli successivi, secondo la ricostruzione del Consorzio Gragnano Città della Pasta, la “necessità per le classi povere di avere un minimo di scorte alimentari fece nascere una nuova produzione, quella della pasta secca, realizzata con le semole di grano duro macinate in zona”.

L’attività dei pastifici di Gragnano ottenne un tale successo da dare la stura ad una tradizione poi radicatasi in tutto il territorio del Regno; non è un caso, quindi, che nel 16° secolo venne fondata la Corporazione dei vermicellari (1571), con il Re di Napoli che conferì la licenza anche ad un produttore di Gragnano. Già a metà del secolo, inoltre, nel Regno venne emanato un bando che obbligava i vermicellari a produrre “roba di pasta di semola assoluta, di tutta perfezione e bontà“, ovvero si vietava ai pastai di utilizzare farine miste.

Ravioli-Gragnano

 

Il ‘boom’ della pasta tra ‘700 e ‘800

La pasta si trasforma in alimento popolare solo a cavallo tra il 18° e il 19° secolo. Come spiega il Consorzio Gragnano Città della Pasta, “fino al XVII secolo era un alimento poco diffuso, ma a seguito della carestia che colpì il Regno di Napoli, divenne un alimento fondamentale grazie alle sue qualità nutritive”, nonché per il passaggio alla produzione mediante trafilatura, che consentiva di abbattere i costi.

Grazie al microclima che ne caratterizza ancora oggi il territorio, Gragnano divenne il principale polo produttivo di pasta (dopo Napoli), con l’installazione di ben trenta mulini nella “Valle dei Mulini”. A dare ulteriore impulso alla produzione fu la crisi del settore tessile, che spinse molti gragnanesi a dedicarsi alla pasta; non a caso, nel corso del secolo successivo, i pastifici a conduzione familiare lasciarono il posto a stabilimenti più strutturati.

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Dall’Unità d’Italia a oggi

L’Ottocento fu il secolo d’oro per la pasta di Gragnano. Nel 1845, Re Ferdinando Secondo concesse ai pastai gragnanesi di rifornire la corte di tutti i formati di pasta lunga essiccata, consacrando Gragnano come la ‘Città dei Maccheroni’.

Il periodo florido proseguì anche dopo l’Unificazione del 1861: la produzione gragnanese raggiunse anche le maggiori città dell’Italia settentrionale, toccando l’apice della propria espansione. Fu grazie all’esportazione dei ‘maccheroni’, infatti, che Gragnano poté ottenere la realizzazione di una stazione ferroviaria (inaugurata nel 1885), così da collegare la cittadina a Napoli e consentire la commercializzazione dell’”oro bianco” in tutta Italia.

Agli inizi del Novecento, però, l’attività cittadina entrò in crisi, nonostante le migliorie tecnologiche; la nascente produzione industriale ridusse lo spazio sul mercato per la pasta artigianale e molti pastifici gragnanesi furono costretti a chiudere i battenti. La situazione peggiorò ulteriormente nel Secondo dopoguerra, per via della concorrenza dei pastifici industriali ormai stabilmente attivi nel Nord del paese.

Dopo il sisma del 1980, a Gragnano sono rimasti soltanto otto pastifici in attività; tra questi vi è il celebre Garofalo, i cui prodotti sono inseriti nella raccolta premi di Energiazzurra: una ricca ‘valigetta’ con diverse confezioni di svariati formati di pasta, disponibile nella versione ‘classic’ (da 3 kg o da 12 kg) oppure ‘special’ (da 12 kg), in abbinamento ad una bottiglia d’olio d’oliva o un gadget a tema.

 

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